sábado, 27 de julho de 2013

sexta-feira, 26 de julho de 2013

VEER AHORA MISMO EN DIRECTO LA LLEGADA DEL PAPA PARA LA VIA SACRA CON LOS JOVENES. VER EM DIRECTO AGORA MESMO A CHEGADA DO PAPA FRANCISCO NO RIO DE JANEIRO , PARA FAZER A VIA-SACRA COM OS JOVENS.L'Arrivée du Pape François à Rio de Janeiro . Chemin de Croix avec les Jeunes . YOU CAN SEE NOW IN DIRECT THE ARRIVAL OF HOLY FATHER FRANCIS IN RIO DE JANEIRO, TO THE VIA CRUCIS. VOIR EN DIRECT LA VIE SCRÉE AVEC LES JEUNES. VEDERE IN DIRECTO ADESSO IL ARRIVO DEL PAPA FRANCESCO IN A RIO DE JANEIRO PARA LA VIA SACRA

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sexta-feira, 31 de maio de 2013

Il Papa chiude il mese mariano: "Come Maria portiamo agli altri Gesù, senza indugio" .Papa Francisco: la gioia cristiana deriva proprio dalla lode a Dio. Testo integrale dell'omelia di Papa Francesco nella Messa del Corpus Domini

Papa Francisco: la gioia cristiana deriva proprio dalla lode a Dio. Il Papa chiude il mese mariano: "Come Maria portiamo agli altri Gesù, senza indugio".

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L'eternità non sarà noiosa


Sono tanti i cristiani che non conoscono la gioia. E anche quando sono in chiesa a lodare Dio, sembrano a un funerale più che a una celebrazione gioiosa. Se invece imparassero a uscire da se stessi e a rendere grazie a Dio, "capirebbero realmente cos'è quella gioia che ci rende liberi".
E proprio la gioia cristiana è stata al centro dell'omelia di Papa Francesco, questa mattina, venerdì 31 maggio, festa della Visitazione, durante la messa concelebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae, fra gli altri, con il cardinale Jozef Tomko. Tra i presenti, un gruppo di dipendenti dei Servizi tecnici del Governatorato.
"Le due letture di oggi - ha infatti esordito il Pontefice riferendosi ai brani tratti dal libro del profeta Sofonia (3, 14-18) e dal vangelo di Luca (1, 39-56) - ci parlano di gioia, di allegria: "rallegrati, grida di gioia", dice Sofonia. Gridare di gioia. Forte questo! "Il Signore in mezzo a te"; non temere; "non lasciarti cadere le braccia"! Il Signore è potente; gioirà per te. Anche lui gioirà per noi. Anche lui è gioioso. "Esulterà per te con grida di gioia". Sentite quante cose belle si dicono della gioia!".
Nel racconto evangelico la gioia caratterizza la visita di Maria a Elisabetta. "La Madonna va a fare visita a Elisabetta" ha ricordato il Santo Padre. E presentando l'immagine di Maria come madre che va sempre in fretta - così come aveva fatto domenica scorsa nella parrocchia romana dei Santi Elisabetta e Zaccaria - Papa Francesco si è soffermato su quel "sussulto del bimbo nel grembo di Elisabetta" rivelato da lei stessa a Maria: "Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo". "Tutto è gioia. Ma noi cristiani - ha notato il vescovo di Roma - non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria. Credo che tante volte ci piacciano più le lamentele! Cosa è la gioia? La chiave per capire questa gioia è quello che dice il vangelo: "Elisabetta fu colmata di Spirito Santo". Quello che ci dà la gioia è lo Spirito Santo. Anche nella prima preghiera della messa abbiamo chiesto la grazia della docilità allo Spirito Santo, quello che ci dà la gioia".
Il Papa ha parlato poi di un altro aspetto della gioia che ci viene dallo Spirito. "Pensiamo - ha detto - a quel momento in cui la Madonna e san Giuseppe portano Gesù al tempio per compiere la Legge. Il vangelo dice che loro vanno a fare quello che stava scritto nella Legge". Lì sono anche due anziani; ma, ha notato, il Vangelo non dice che essi sono andati lì per compiere la Legge, quanto piuttosto perché spinti dalla "forza dello Spirito Santo. Lo Spirito li porta al tempio". Tanto che, davanti a Gesù, i due "fanno una preghiera di lode: ma questo è il messia, benedetto il Signore! E anche fanno una liturgia spontanea di gioia". È la fedeltà maturata in tanti anni in attesa dello Spirito Santo a far sì che "questo Spirito venga e dia loro la gioia".
"A me - ha poi confidato Papa Francesco - piace pensare: i giovani compiono la Legge; gli anziani hanno la libertà di lasciare che lo Spirito li guidi. E questo è bellissimo! È proprio lo Spirito che ci guida. Lui è l'autore della gioia, il creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia noi cristiani non possiamo diventare liberi. Diventiamo schiavi delle nostre tristezze". Quindi il Pontefice ha citato "il grande Paolo VI", ricordando che diceva "non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati; non si può. Questo atteggiamento è un po' funerario". Invece la gioia cristiana deriva proprio dalla lode a Dio.
"Ma cosa è questo lodare Dio?" si è chiesto il Papa. "Lodare lui gratuitamente, come è gratuita la grazia che lui ci dà" è stata la sua risposta. Poi, rivolgendosi a uno dei presenti alla celebrazione, ha detto: "Io posso fare la domanda a lei che è qui a messa: lei, loda Dio? O soltanto chiede a Dio e ringrazia Dio? Ma loda Dio?". Questo, ha ripetuto, significa "uscire da noi stessi per lodare Dio, perdere il tempo lodando". A questo punto il Pontefice ha fatto riferimento a una delle critiche che spesso viene rivolta ai sacerdoti: "Questa messa che fate è lunga". Certo, ha spiegato rivolgendosi ancora ai presenti, "se tu non lodi Dio e non conosci la gratuità del perdere il tempo lodando a Dio, certo che è lunga la messa! Ma se tu vai a questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, questo è bello". Del resto, "l'eternità sarà questa: lodare Dio. Ma questo non sarà noioso, sarà bellissimo. Questa gioia ci fa liberi".
"E voglio aggiungere - ha detto in conclusione - un'ultima cosa: è proprio lei, la Madonna che porta le gioie. La Chiesa la chiama causa della nostra gioia, causa nostrae letitiae, Perché? Perché porta la gioia nostra più grande, porta Gesù. E portando Gesù fa sì che "questo bambino sussulti nel grembo della madre". Lei porta Gesù. Lei con la sua preghiera fa sì che lo Spirito Santo irrompa. Irrompe quel giorno di Pentecoste; era là. Dobbiamo pregare la Madonna perché portando Gesù ci dia la grazia della gioia, della libertà; ci dia la grazia di lodare, di fare una preghiera di lode gratuita, perché lui è degno di lode, sempre".


(©L'Osservatore Romano 31 maggio - 1° giugno 2013)

Il Papa chiude il mese mariano: "Come Maria portiamo agli altri Gesù, senza indugio"



Ascoltare, decidere e agire sull’esempio della Madonna. Così papa Francesco questa a sera a conclusione del mese mariano in piazza san Pietro dopo la recita del rosario guidata dal card. Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana nella festa della Visitazione di Maria. Il Santo Padre, presente fin dall'inizio della preghiera, ha esortato ad andare senza indugio verso gli altri, soprattutto verso i più bisognosi, portando loro aiuto, comprensione, carità e, come Maria, ciò che abbiamo di più prezioso: Gesù e il suo Vangelo. A conclusione del mese mariano Papa Francesco invita tutti a mettersi alla scuola di Maria, che con realismo, umanità, concretezza seppe ascoltare, decidere, agire. La Vergine insegna al mondo contemporaneo, spesso distratto, l’ascolto della volontà di Dio:

Attenzione: non è un semplice “udire” superficiale, ma è l’“ascolto” fatto di attenzione, di accoglienza, di disponibilità verso Dio. Non è il modo distratto con cui a volte noi ci mettiamo di fronte al Signore o agli altri: udiamo le parole, ma non ascoltiamo veramente.

Maria – prosegue il Santo Padre - è attenta alla voce di Dio e sa cogliere il significato profondo dei fatti:

Questo vale anche nella nostra vita: ascolto anche della realtà quotidiana, attenzione alle persone, ai fatti perché il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in molti modi, pone segni nel nostro cammino; a noi la capacità di vederli.

Maria – aggiunge Papa Francesco – è poi “maestra” di decisione. Dopo l’ascolto delle parole dell’Angelo, la Vergine medita nel suo cuore, quindi decide senza affanno, ma anche senza esitazione di andare controcorrente perché “nulla è impossibile a Dio”:

Nella vita è difficile prendere decisioni, spesso tendiamo a rimandarle, a lasciare che altri decidano al nostro posto, spesso preferiamo lasciarci trascinare dagli eventi, seguire la moda del momento; a volte sappiamo quello che dobbiamo fare, ma non ne abbiamo il coraggio o ci pare troppo difficile perché vuol dire andare controcorrente.

Dalla decisione all’azione. Maria – spiega il Papa - ha chiaro cosa Dio le chiede e non indugia, non ritarda, va in fretta dalla cugina Elisabetta che, come rivelato dall’angelo, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio. La Vergine esce da se stessa e porta alla parente quanto ha di più prezioso: Gesù.

A volte, anche noi ci fermiamo all’ascolto, alla riflessione su ciò che dovremmo fare, forse abbiamo anche chiara la decisione che dobbiamo prendere, ma non facciamo il passaggio all’azione. E soprattutto non mettiamo in gioco noi stessi muovendoci “in fretta” verso gli altri per portare loro il nostro aiuto, la nostra comprensione, la nostra carità; per portare anche noi, come Maria, ciò che abbiamo di più prezioso e che abbiamo ricevuto, Gesù e il suo Vangelo, con la parola e soprattutto con la testimonianza concreta del nostro agire.

Rivolto alla Madre del Salvatore, esempio di ascolto, decisione e azione, Papa Francesco ha quindi pronunciato questa preghiera:

Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà.
Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita.
Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen.



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/Articolo.asp?c=697349
del sito Radio Vaticana

quinta-feira, 30 de maio de 2013

Testo integrale dell'omelia di Papa Francesco nella Messa del Corpus Domini

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Questo il testo integrale dell'omelia pronunciata da Papa Francesco nella Messa del Corpus Domini:

Cari fratelli e sorelle,

nel Vangelo che abbiamo ascoltato, c’è un’espressione di Gesù che mi colpisce sempre: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Partendo da questa frase, mi lascio guidare da tre parole: sequela, comunione, condivisione.

1. Anzitutto: chi sono coloro a cui dare da mangiare? La risposta la troviamo all’inizio del brano evangelico: è la folla, la moltitudine. Gesù sta in mezzo alla gente, l’accoglie, le parla, la cura, le mostra la misericordia di Dio; in mezzo ad essa sceglie i Dodici Apostoli per stare con Lui e immergersi come Lui nelle situazioni concrete del mondo. E la gente lo segue, lo ascolta, perché Gesù parla e agisce in un modo nuovo, con l’autorità di chi è autentico e coerente, di chi parla e agisce con verità, di chi dona la speranza che viene da Dio, di chi è rivelazione del Volto di un Dio che è amore. E la gente, con gioia, benedice Dio.
Questa sera noi siamo la folla del Vangelo, anche noi cerchiamo di seguire Gesù per ascoltarlo, per entrare in comunione con Lui nell’Eucaristia, per accompagnarlo e perché ci accompagni. Chiediamoci: come seguo io Gesù? Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri.
2. Facciamo un passo avanti: da dove nasce l’invito che Gesù fa ai discepoli di sfamare essi stessi la moltitudine? Nasce da due elementi: anzitutto dalla folla che, seguendo Gesù, si trova all’aperto, lontano dai luoghi abitati, mentre si fa sera, e poi dalla preoccupazione dei discepoli che chiedono a Gesù di congedare la folla perché vada nei paesi vicini a trovare cibo e alloggio (cfr Lc 9,12). Di fronte alla necessità della folla, ecco la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a se stesso; congedare la folla! Ognuno pensi a se stesso; congedare la folla! Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso: “Che Dio ti aiuti”, o con un non tanto pietoso: “Felice sorte”, e se non ti vedo più… Ma la soluzione di Gesù va in un’altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma come è possibile che siamo noi a dare da mangiare ad una moltitudine? «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente» (Lc 9,13). Ma Gesù non si scoraggia: chiede ai discepoli di far sedere la gente in comunità di cinquanta persone, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione, spezza i pani e li dà ai discepoli perché li distribuiscano (cfr Lc 9,16). E’ un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, è ora nutrita dal suo pane di vita. E tutti ne furono saziati, annota l’Evangelista (cfr Lc 9,17).
Questa sera, anche noi siamo attorno alla mensa del Signore, alla mensa del Sacrificio eucaristico, in cui Egli ci dona ancora una volta il suo Corpo, rende presente l’unico sacrificio della Croce. E’ nell’ascoltare la sua Parola, nel nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, che Egli ci fa passare dall’essere moltitudine all’essere comunità, dall’anonimato alla comunione. L’Eucaristia è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tutti i fratelli e le sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?

3. Un ultimo elemento: da dove nasce la moltiplicazione dei pani? La risposta sta nell’invito di Gesù ai discepoli «Voi stessi date…», “dare”, condividere. Che cosa condividono i discepoli? Quel poco che hanno: cinque pani e due pesci. Ma sono proprio quei pani e quei pesci che nelle mani del Signore sfamano tutta la folla. E sono proprio i discepoli smarriti di fronte all’incapacità dei loro mezzi, alla povertà di quello che possono mettere a disposizione, a far accomodare la gente e a distribuire – fidandosi della parola di Gesù - i pani e pesci che sfamano la folla. E questo ci dice che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano!
Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo e la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla.
Chiediamoci allora questa sera, adorando il Cristo presente realmente nell’Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto, a uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?

Fratelli e sorelle: sequela, comunione, condivisione. Preghiamo perché la partecipazione all’Eucaristia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sarà veramente feconda. Amen.





Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/05/30/testo_integrale_dellomelia_di_papa_francesco_nella_messa_del_corpu/it1-697041
del sito Radio Vaticana

quarta-feira, 29 de maio de 2013

"... é a Igreja que nos leva a Cristo" - o Papa Francisco na audiência geral onde afirmou a Igreja como a grande família de Deus . PAPA FRANCISCO: La cultura del benessere che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti. Il salario del cristiano . Il trionfalismo dei cristiani.

"... é a Igreja que nos leva a Cristo" - o Papa Francisco na audiência geral onde afirmou a Igreja como a grande família de Deus

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"... é a Igreja que nos leva a Cristo" - o Papa Francisco na audiência geral onde afirmou a Igreja como a grande família de Deus




O Papa Francisco foi acolhido esta manhã por mais de 90 mil peregrinos na Praça de São Pedro para a audiência geral desta quarta-feira:

"Queridos irmãos e irmãs,

Na quarta-feira passada sublinhei a ligação profunda entre o Espírito Santo e a Igreja. Hoje gostaria de iniciar algumas catequeses sobre o mistério da igreja, mistério que todos nós vivemos e do qual somos parte. Gostaria de o fazer com expressões bem presentes dos textos do Concílio Ecuménico Vaticano II.
Hoje a primeira: a Igreja como família de Deus."

Com estas palavras iniciou o Santo Padre a sua catequese de hoje, anunciando a intenção de falar sobre a Igreja a partir nas próximas semanas. E começou, desde logo, com uma parábola que tem citado nos últimos tempos:

"Nestes meses, mais do que uma vez tenho feito referência à parábola do filho pródigo, ou melhor do Pai Misericordioso. O filho menor deixa a casa do pai, gasta tudo e decide voltar porque percebe que errou, mas acha que não é digno de ser recebido como filho e pede para ser servo. O pai vai ao seu encontro, abraça-o e restitui-lhe a dignidade de filho e faz uma festa. Esta parábola, como outras no Evangelho, indica bem o desenho de Deus sobre a humanidade."

Este é o projecto de Deus, o de fazer uma única família dos seus filhos. Assim, a Igreja tem a sua raiz no desejo de Deus de chamar todos os homens à comunhão consigo, no desígnio de fazer da humanidade a única família dos seus filhos. Na plenitude dos tempos, Deus mandou o Seu Filho, Jesus Cristo, para nos comunicar a vida divina.

"Quando lemos os Evangelhos, vemos que Jesus reune à sua volta uma comunidade que acolhe a sua palavra, partilha o seu caminho, esta transforma-se na sua família e com esta comunidade Ele prepara e controi a sua Igreja. De onde nasce então a Igreja? Nasce do gesto supremo de Jesus na Cruz do lado aberto de Cristo de onde jorraram sangue e água, símbolos dos Sacramentos da Eucaristia e do Batismo."

E foi assim da Cruz e do Amor de Deus que a Igreja nasceu e foi no dia de Pentecostes, recebendo o dom do Espírito Santo, que Ela se manifestou ao mundo, anunciando o Evangelho e difundindo o amor de Deus. Portanto, não tem sentido dizer que se aceita Cristo e não a Igreja, pois é somente por meio da Igreja que podemos entrar em comunhão com Cristo e com Deus.

"Ainda se ouve pessoas que dizem: Cristo sim, Igreja não. Jesus sim , padres não. Mas é precisamente a Igreja que nos faz conhecer Jesus e que nos leva a Deus."

E no final o Santo Padre deixou algumas questões para reflexão dos fieis:

"Perguntemo-nos hoje: Quanto é que eu amo a Igreja? Rezo por Ela? Sinto-me parte da família da Igreja? O que é que eu faço para que seja uma comunidade em que cada um se sinta acolhido e compreendido, sinta a misericordia e o amor de Deus que renova a vida?"

No final da audiência o Papa Francisco saudou os milhares de fieis presentes. Ouçamos a saudação aos peregrinos de língua portuguesa:

"Queridos peregrinos lusófonos do Estoril e de Lisboa, em Portugal, bem como do Brasil: sejam bem-vindos! Saúdo-vos como membros desta família que é a Igreja, pedindo-vos que renoveis o vosso compromisso para que as vossas comunidades sejam lugares sempre mais acolhedores, onde se faz experiência da misericórdia e do amor de Deus. Que o Senhor vos abençoe a todos!" (RS)

Oggi, ha sottolineato il Pontefice, il pericolo è quello di soccombere alla "tentazione di un cristianesimo senza croce.

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Il trionfalismo dei cristiani


Il trionfalismo che appartiene ai cristiani è quello che passa attraverso il fallimento umano, il fallimento della croce. Lasciarsi tentare da altri trionfalismi, da trionfalismi mondani, significa cedere alla tentazione di concepire un "cristianesimo senza croce", un "cristianesimo a metà". È stata l'umiltà il centro della riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata questa mattina, mercoledì 29 maggio, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.
Nel vangelo di oggi (Marco 10, 32-45) è descritto il cammino verso Gerusalemme di Gesù, seguito dai discepoli. "Erano sulla strada che saliva a Gerusalemme - ha spiegato il Papa - e Gesù camminava davanti. Deciso. Possiamo anche pensare, in fretta". Soffermandosi sui sentimenti che si agitavano in quel momento nel cuore dei discepoli "sgomenti" e "impauriti", il Santo Padre ha voluto mettere in evidenza il comportamento del Signore che svela loro la verità: "Ecco noi saliamo a Gerusalemme, il Figlio dell'Uomo sarà consegnato" ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà. Gesù "dice la verità" e mostra loro il cammino che finisce "al terzo giorno".
Nonostante le parole di Cristo, i discepoli pensano che sia meglio fermarsi. E nello stesso tempo, ha fatto notare il Pontefice, cominciano a discutere tra loro "come sistemare la Chiesa". Anzi Giacomo e Giovanni "sono andati da Gesù a chiedergli l'ufficio di capo del governo". Ma anche gli altri "discutevano e si domandavano chi tra loro fosse il più importante" in quella Chiesa che volevano sistemare. Cristo, ha osservato il Papa, era davanti al compiersi della sua missione, mentre i suoi discepoli si erano fermati a discutere su "un altro progetto, un altro punto di vista della Chiesa".
In questo modo essi subivano la stessa tentazione di Gesù nel deserto, "quando il diavolo era andato per proporgli un altro cammino" e lo aveva sfidato a compiere "un miracolo - ha ricordato ancora il Pontefice - qualcosa che tutti chiedevano". Come gettarsi dal tempio e salvarsi, in modo tale che tutti potessero vedere il miracolo e redimersi.
Gesù, ha aggiunto, subì la stessa tentazione da parte di Pietro. Quando parlò della croce, ha ricordato il vescovo di Roma, l'apostolo lo implorò, dopo avergli ripetuto "tu sei il Figlio di Dio", di rinunciare. "E Gesù gli disse: satana! E rinunciò alla tentazione".
Oggi, ha sottolineato il Pontefice, il pericolo è quello di soccombere alla "tentazione di un cristianesimo senza croce. Un cristianesimo a metà cammino. Questa è una tentazione". Ma ce n'è un'altra, ha aggiunto il Pontefice, "quella di un cristianesimo con la croce senza Gesù" della quale, ha detto, forse parlerà in un'altra occasione. E riprendendo il tema dell'omelia, il Papa ha spiegato che si tratta della "tentazione del trionfalismo". "Noi vogliamo il trionfo adesso - ha detto - senza andare sulla croce. Un trionfo mondano, un trionfo ragionevole". Per fare un esempio ha citato l'episodio evangelico nel quale si racconta che il diavolo, dopo la provocazione del tempio, propone a Gesù un patto: "tu mi adori e io ti do tutto". E "questo - ha fatto notare il Papa - purché non arrivasse a fare quello che il Padre voleva che Gesù facesse".
"Il trionfalismo nella Chiesa ferma la Chiesa - ha proseguito il Papa -. Il trionfalismo di noi cristiani ferma i cristiani. Una Chiesa trionfalista è una Chiesa a metà cammino". Una Chiesa che si accontentasse di essere "ben sistemata, con tutti gli uffici, tutto a posto, tutto bello, efficiente", ma che rinnegasse i martiri sarebbe "una Chiesa che soltanto pensa ai trionfi, ai successi; che non ha quella regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento. Il fallimento umano, il fallimento della croce. E questa è una tentazione che tutti noi abbiamo".
E in proposito il Papa ha ricordato un episodio della sua vita: "Una volta, ero in un momento buio della mia vita spirituale, e chiedevo una grazia dal Signore. Sono andato a predicare gli esercizi dalle suore e l'ultimo giorno si sono confessate. È venuta a confessarsi una suora anziana, più di ottant'anni, ma con gli occhi chiari, proprio luminosi. Era una donna di Dio. Poi alla fine l'ho vista tanto donna di Dio che le ho detto: "suora, come penitenza preghi per me, perché ho bisogno di una grazia, eh? Se lei la chiede al Signore, me la darà sicuro". Lei si è fermata un attimo, come se pregasse, e mi ha detto questo: "Sicuro che il Signore le darà la grazia ma, non si sbagli: con il suo modo divino". Questo mi ha fatto tanto bene: sentire che il Signore ci dà sempre quello che chiediamo ma lo fa con il suo modo divino". Questo modo, ha spiegato il Papa, "coinvolge la croce. Non per masochismo, no no: per amore, per amore fino alla fine".
Concludendo l'omelia il Santo Padre ha invitato tutti a chiedere al Signore "la grazia di non essere una Chiesa a metà cammino, una Chiesa trionfalista, dei grandi successi". "Se la Chiesa è umile - ha detto - cammina con decisione come Gesù, va avanti, avanti, avanti!".
Con il Santo Padre hanno concelebrato i monsignori Valério Breda, vescovo di Penedo, in Brasile, e José Manuel Garcia Cordero, vescovo di Bragança-Miranda, in Portogallo. Alla messa hanno partecipato, tra gli altri, i dipendenti del servizio laboratori e impianti del Governatorato, don Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, e monsignor Francesco Ceriotti, per decenni impegnato nell'ambito della comunicazione della Conferenza episcopale italiana, che proprio oggi festeggia il settantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale.


(©L'Osservatore Romano 30 maggio 2013)
 

Il salario del cristiano

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La sofferenza fa parte della vita; ma per il cristiano, chiamato a seguire la stessa via di Cristo, essa diventa un valore aggiunto. Tanto più quando si presenta sotto forma di persecuzione, a causa dello spirito del mondo che non tollera la testimonianza cristiana. È questa in sintesi la riflessione del Papa durante la messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae martedì mattina, 28 maggio. Commentando il vangelo del giorno (Marco 10, 28-31), il Pontefice ha ripreso la riflessione sul dialogo di Gesù con il giovane ricco che gli chiedeva come ottenere la vita eterna. Ha ricordato infatti che Pietro aveva ascoltato gli ammonimenti di Gesù a proposito delle ricchezze, che rendono "tanto difficile entrare nel regno di Dio".
Dopo le parole del Signore, Pietro gli domanda: "Va bene, ma noi? Noi abbiamo lasciato tutto per te. Quale sarà il salario? Come sarà il premio?". La risposta di Gesù forse "è un po' ironica: ma sì, anche te e tutti voi che avete lasciato casa, fratelli, sorelle, madre, figlio, campi, avrete cento più di questo"; ma li avverte che dovranno affrontare " la persecuzione", descritta come il salario, o meglio "il pagamento del discepolo".
A chi lo segue Gesù assicura l'appartenenza alla "famiglia dei cristiani" e ricorda che "siamo tutti fratelli". Ma avverte pure che ci "saranno le persecuzioni, le difficoltà", tornando sullo stesso tema: "Chi segue me, deve fare la stessa strada che ho fatto io". Una via, ha spiegato il Papa, che porta ad abbassarsi e che "finisce sulla croce. Ci saranno sempre le difficoltà che vengono dal mondo e le persecuzioni, perché lui ha fatto questa strada per primo. Quando un cristiano non ha difficoltà nella vita e tutto va bene, tutto è bello, qualcosa non va". C'è da pensare che abbia ceduto alla tentazione di seguire lo spirito del mondo piuttosto che Gesù.
Seguire il Signore, ha ripetuto il vescovo di Roma, significa farlo sino in fondo. La sequela di Cristo non può rimanere solo un'espressione culturale. Tanto meno può essere un modo per acquistare più potere. In proposito il Pontefice ha osservato che "la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori; poi tanti governanti, tante persone. E anche alcuni - non voglio dire tanti, ma alcuni - preti, alcuni vescovi. Non sono tanti, ma alcuni pensano che seguire Gesù è fare carriera". Un concetto questo, ha detto Papa Francesco, che nella letteratura di qualche decennio fa si poteva ritrovare nelle biografie dei santi, dove era usuale leggere che "da bambino aveva voglia di fare la carriera ecclesiastica. Si diceva così, era un modo di dire. Ma tanti cristiani, tentati dallo spirito del mondo - ha aggiunto il Pontefice - pensano che seguire Gesù" sia una cosa buona perché "così si può fare carriera, si può andare avanti". Tuttavia, "quello non è lo spirito"; è piuttosto l'atteggiamento di Pietro, che domanda: "E noi, che carriera facciamo?". La risposta di Gesù è invece: "Sì, ti darò tutto, con la persecuzione".
Non è possibile - ha commentato il vescovo di Roma - "togliere la croce dalla strada di Gesù, c'è sempre". Certamente il cristiano non deve farsi del male. "Non è quello" ha specificato in proposito, aggiungendo: "Il cristiano segue Gesù per amore e quando si segue Gesù con amore, l'invidia del diavolo fa tante cose. Lo spirito del mondo non tollera questo, non tollera la testimonianza. Pensate a madre Teresa", considerata come una figura positiva che "ha fatto tante belle cose per gli altri. Lo spirito del mondo mai dice che la beata Teresa tutti i giorni, tante ore, era in adorazione; mai. Riduce l'attività cristiana al fare bene sociale. Come se l'esistenza cristiana fosse una vernice, una patina di cristianesimo. Ma l'annuncio di Gesù non è una patina", penetra nelle ossa, va dritto "al cuore; va dentro e ci cambia. E questo lo spirito del mondo non lo tollera; non lo tollera e per questo vengono le persecuzioni".
Da qui l'invito a pensare alla risposta di Gesù: Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli, sorelle o madri o padri o figli o campi "per causa mia o per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto, in case, fratelli, ma insieme a persecuzioni. Non dimentichiamolo". Seguire Gesù con amore passo dopo passo: questa è la sequela di Cristo, ha concluso il Santo Padre. Ma lo spirito del mondo continuerà a non tollerarlo e farà soffrire i cristiani. Si tratta, però, di una sofferenza come quella sopportata da Gesù: "Chiediamo questa grazia: seguire Gesù nella strada che lui ci ha fatto vedere, che lui ci ha insegnato. Questo è bello: lui mai ci lascia soli, mai. Sempre è con noi".
Con il Papa hanno concelebrato, tra gli altri, gli arcivescovi Rino Fisichella e José Octavio Ruiz Arenas, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Con loro, tra i presenti, erano i collaboratori nel dicastero, maestranze della centrale termoelettrica e del laboratorio di falegnameria del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

PAPA FRANCISCO: La cultura del benessere che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti

Il tempo di Dio

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Il fascino del provvisorio, la sensazione di essere padroni del tempo, e la cultura del benessere a tutti i costi spesso impediscono all'uomo di oggi di seguire da vicino Gesù. "Ci sembrano due ricchezze" ma in realtà non ci fanno "andare avanti", ha detto Papa Francesco commentando, lunedì mattina 27 maggio, il racconto del vangelo di Marco (10, 17-27) proclamato durante la messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae. L'evangelista narra dell'uomo ricco che si avvicina a Gesù per chiedergli come raggiungere la vita eterna. "Questo - ha spiegato il Pontefice - era un uomo buono: va a trovare Gesù e si getta in ginocchio davanti a lui; un uomo che aveva pietà nel suo cuore; un uomo religioso; un giusto. Ma va da Gesù perché sente qualcosa dentro; sente la voglia di andare più avanti, di seguire Gesù più da vicino: era proprio lo Spirito Santo che lo spingeva".
L'uomo assicura Gesù di seguire i comandamenti. E gli domanda come andare avanti. Ma alla richiesta di Gesù, "che lo ama", di vendere tutti i suoi beni prima di seguirlo, "quest'uomo buono, uomo giusto - un uomo spinto dallo Spirito Santo per andare più avanti, più vicino a Gesù - si scoraggia: a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato. E Gesù volgendo lo sguardo attorno disse a suoi discepoli: quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio" ha ricordato il Santo Padre. Dunque "le ricchezze - ha spiegato - sono un impedimento, qualcosa che non rende facile il cammino verso il regno di Dio. Ognuno di noi ha le sue ricchezze, ma si tratta spesso di ricchezze che impediscono di andare vicino a Gesù" e che a volte portano persino "tristezza".
"Tutti - ha esortato il Santo Padre - dobbiamo fare un esame di coscienza su quali sono le nostre ricchezze che ci impediscono di avvicinare Gesù nella strada della vita". Si tratta di ricchezze che derivano dalla nostra cultura. La prima ricchezza "è il benessere. La cultura del benessere che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti". A volte "il benessere ci anestetizza", perché in fin dei conti "stiamo bene nel benessere". Anche di fronte alla scelta di avere un figlio, ci si lascia spesso condizionare dal benessere. Il Papa ha immaginato un dialogo tra una coppia di sposi: "No, no, più di un figlio, no! Perché non possiamo fare le vacanze, non possiamo andare qua, non possiamo comprare la casa; no! Va bene seguire il Signore, ma fino a un certo punto...". E ha commentato: "È questo che fa il benessere. Tutti sappiamo bene come fa il benessere. Ma questo ci getta giù, ci spoglia di quel coraggio, di quel coraggio forte per andare vicino a Gesù". Eppure "questa è la prima ricchezza della nostra cultura d'oggi. La cultura del benessere".
Oltre a questa, il Pontefice ne ha indicata un'altra, che "ci impedisce di andare vicino a Gesù: è il fascino del provvisorio. Noi siamo innamorati del provvisorio", mentre le proposte di Gesù sono definitive. Il provvisorio ci piace "perché abbiamo paura del tempo di Dio", che è un tempo definitivo.
E come spesso accade, il Papa ha proposto un ricordo della sua esperienza personale: "Ho sentito di uno che voleva diventare prete, ma per dieci anni, non di più". E lo stesso accade per tante coppie che si sposano pensando: "finché dura l'amore e poi vediamo". È questo "il fascino del provvisorio" la seconda "ricchezza" che affascina gli uomini di oggi; e li spinge, in particolare, a "diventare padroni del tempo: facciamo piccolo il tempo al momento".
Benessere e provvisorietà sono appunto le due ricchezze che nella società contemporanea "ci impediscono di andare avanti". Di contro, il pensiero del Pontefice è andato ai "tanti uomini e donne che hanno lasciato la loro terra per andare come missionari, per tutta la vita"; e ai "tanti uomini e donne che hanno lasciato la loro casa per fare un matrimonio e per tutta la vita sono arrivati fino alla fine". Questo - ha affermato - "è seguire Gesù da vicino, è il definitivo". Mentre "il provvisorio non è seguire Gesù; il provvisorio è territorio nostro", nel quale noi "siamo padroni".
Da qui l'esortazione del Pontefice: "Davanti all'invito di Gesù, davanti a queste due ricchezze culturali, pensiamo ai discepoli", che "erano sconcertati. Anche noi possiamo essere sconcertati per questo discorso di Gesù; e quando Gesù ha spiegato qualcosa, erano ancora più stupiti". Allora - è stato l'invito conclusivo - "chiediamo al Signore che ci dia il coraggio di andare avanti, spogliandoci di questa cultura del benessere con la speranza", la quale è "la fine del cammino dove lui ci aspetta, nel tempo; non con la piccola speranza del momento, che non funziona più".
Con Papa Francesco hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, e l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Tra i presenti, collaboratori del dicastero della pastorale della salute, dipendenti della direzione Servizi economici del Governatorato e un gruppo di volontari del dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano.


(©L'Osservatore Romano 27-28 maggio 2013)

domingo, 26 de maio de 2013

Texto completo de la alocución del Papa antes del rezo mariano del Ángelus. Papa Francisco visitou paróquia da periferia de Roma no Domingo da Santíssima Trindade

Texto completo de la alocución del Papa  antes del rezo mariano del Ángelus.



PORTUGUÊS, ESPAÑOL, DEUTSCH, FRANÇAIS, ENGLISH, ITALIANO,JAPONESE, BIELORUSSO, HINDI, PILIPINOQueridos hermanos y hermanas! ¡Buenos días!

Esta mañana hice mi primera visita a una parroquia de la diócesis de Roma. Doy gracias al Señor y les pido que oren por mi servicio pastoral a esta Iglesia de Roma, que tiene la misión de presidir en la caridad universal.
Hoy es Domingo de la Santísima Trinidad. La luz del tiempo pascual y de Pentecostés renueva cada año en nosotros la alegría y el asombro de la fe: reconocemos que Dios no es algo vago, nuestro Dios no es un Dios spray, es concreto, no es abstracto, sino que tiene una nombre: "Dios es amor". No es un amor sentimental, emocional, sino el amor del Padre, que es la fuente de toda la vida, el amor del Hijo que muere en la cruz y resucita, el amor del Espíritu, que renueva al hombre y al mundo.




Y pensar que Dios es amor, nos hace bien, porque nos enseña a amar, a entregarnos a los demás como Jesús mismo se dio por nosotros y camina con nosotros. Y Jesús camina con nosotros en el camino de la vida.La Santísima Trinidad no es el producto de razonamientos humanos, es el rostro con el que Dios se ha revelado a sí mismo, no desde lo alto de un trono, sino caminando con la humanidad. Es Jesús quien nos ha revelado al Padre y quien nos ha prometido el Espíritu Santo. Dios ha caminado con su pueblo en la historia del pueblo de Israel y Jesús caminó siempre con nosotros y nos prometió el Espíritu Santo, que es fuego, que nos enseña todo lo que no sabemos, que nos guía en nuestro interior, que nos da buenas ideas y buenas inspiraciones.
Hoy alabamos a Dios, no por un misterio particular, sino por Sí mismo, "por su inmensa gloria", como dice el himno litúrgico. Lo alabamos y le damos las gracias porque Él es Amor, y porque nos llama a entrar en el abrazo de su comunión, que es la vida eterna.
Encomendemos nuestra alabanza a las manos de la Virgen María. Ella, la más humilde de las criaturas, gracias a Cristo ya ha alcanzado la meta de la peregrinación en la tierra: ya está en la gloria de la Trinidad. Por esto María, nuestra Madre, la Virgen, resplandece por nosotros como signo seguro de esperanza. Es la madre de la esperanza, en nuestro camino, en nuestra vida es la madre de la esperanza, es la madre la que nos consuela también, la madre de la consolación y la madre que nos acompaña en el viaje. Ahora recemos a la Virgen todos juntos, nuestra madre, que nos acompaña en el camino.
Palabras del Papa tras la oración mariana del Ángelus

Queridos hermanos y hermanas,
Ayer en Palermo, fue proclamado Beato el sacerdote Giuseppe Puglisi, sacerdote y mártir, asesinado por la mafia en 1993. Don Puglisi, fue un sacerdote ejemplar, dedicado especialmente a la pastoral juvenil. Educando a los chicos según el Evangelio los salvaba de la mafia, y por eso ésta intentó vencerlo asesinándolo. Pero en realidad, es él que ha vencido, con Cristo Resucitado.

Pienso en tantos dolores de hombres y mujeres, incluso de niños que son explotados por las mafias, que los explotan, haciendo que ellos hagan el trabajo que les convierte en esclavos de la prostitución, con tantas presiones sociales. Detrás de esta explotación, detrás de esta esclavitud hay mafias. Pero recemos al Señor para que convierta los corazones de estas personas, que no pueden hacer esto. No pueden hacer de nuestro hermanos, esclavos. Debemos orar al Señor. Recemos para que estos mafiosos y estas mafiosas se conviertan a Dios y alabemos a Dios por el luminoso testimonio de don Puglisi, y hagamos tesoro de su ejemplo.

Saludo con afecto todos los peregrinos presentes, a las familias, a los grupos parroquiales que han venido de Italia, España, Francia y de tantos otros países. Saludo particularmente a la Asociación Nacional San Pablo de los Oradores y de los Círculos Juveniles, que nació hace 50 años al servicio de los jóvenes. Queridos amigos, San Felipe Neri, que hoy recordamos, y el beato Giuseppe Puglisi apoyen sus esfuerzos. Saludo al grupo de católicos chinos aquí presentes, que se han reunido en Roma para rezar por la Iglesia en China, invocando la intercesión de María Auxiliadora.

Dirijo un saludo a todos los que promueven el "Día del Alivio", a favor de los enfermos que viven en la recta final de su camino terreno; así como la Asociación italiana de Esclerosis Múltiple. ¡Gracias por su compromiso! Saludo a la Asociación Nacional del Arma de Caballería, y a los fieles de Fiumicello, cerca de Padua.

¡Buen domingo a todos y buen almuerzo!

Papa Francisco visitou paróquia da periferia de Roma no Domingo da Santíssima Trindade

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Ouça aqui... RealAudioMP3

Neste domingo, 26, o Papa Francisco enquanto bispo de Roma, realizou a sua primeira visita a uma comunidade da sua diocese: a paróquia dedicada aos Santos Isabel e Zacarias, em Prima Porta, na zona norte de Roma. O bairro tem cerca de 15 mil habitantes e não possui muitas áreas de socialização. Assim, nos últimos anos, a paróquia foi-se tornando uma referência, e o oratório, um ponto de encontro para crianças e jovens.
O Papa Francisco teve uma recepção calorosa: um longo aplauso dos fiéis, sinos em festa e os cânticos do coro da paróquia. Depois de saudar doentes em cadeiras de rodas e famílias dos recém-batizados, o Papa celebrou a missa ao ar livre e administrou a primeira comunhão a 16 crianças.
Dirigindo-se aos fiéis, antes do início da missa, o Santo Padre agradeceu o acolhimento, neste dia da Festa da Santíssima Trindade, e disse que “para entender melhor a realidade, é preciso vê-la do lado de fora, ou seja, da periferia”. O Cardeal-vigário de Roma, Agostino Vallini, e o bispo auxiliar para a zona norte, Dom Guerino di Tora, concelebraram a Eucaristia com o Papap Francisco.
Na homilia, o Papa Francisco teve uma conversa com as crianças, fazendo-lhes perguntas e convidando-as a responder. Ele começou pelo Evangelho, que neste domingo narra a visita de Maria a Isabel, e explicou a Trindade segundo o cristianismo.
“Maria foi depressa porque tinha vontade de ajudar. Ela não foi lá para se gabar, para dizer “eu sou a mãe de Deus”; ela foi para ajudar Isabel, como nossas mães, que correm quando precisamos delas. Isto dá segurança, a certeza de termos uma mãe ao nosso lado. Nossa Senhora que corre sempre faz-nos entender Deus”.
Em seguida, Papa Francisco perguntou às crianças quem são Deus, Jesus e o Espírito Santo, para explicar a Trindade. “O Pai cria – resumiu – Jesus salva-nos, o Espírito Santo ama-nos. Esta é a vida cristã: falar com o Pai, com o Filho e com o Espírito Santo.
Prosseguindo, em tom divertido, Papa Francisco fez uma pergunta que definiu ‘difícil’: “O que Jesus faz ao caminhar connosco?. Primeiro, ajuda-nos – respondeu. Jesus orienta-nos, ensina-nos a seguir, nos dá a força para caminhar, sustenta-nos nas dificuldades e até nas tarefas do colégio... Mas como? Na comunhão dá-nos força, vem ao nosso encontro. O que é a comunhão? É pão, mas não é pão, é o corpo de Jesus, que vem ao nosso coração. Vamos pensar nisso e pedir a Maria – concluiu – que nos ensine bem como é Deus, como é o Pai, como é o Filho e o Espírito Santo”.
Depois da missa, o Santo Padre esteve com as crianças da Primeira Comunhão, que o circundaram, e dedicou-lhes alguns minutos de carinho e conversa. (RS)

sábado, 25 de maio de 2013

Papa Francisco: quem se aproxima da Igreja deve encontrar portas abertas e não fiscais da fé . Pope: Open the door to faith . Don Pino Puglisi béatifié à Palerme, 20 ans après son assassinat par la mafia. Papst an Bischöfe: „Werdet keine Funktionäre!“ . Soportar con paciencia las dificultades y vencer con amor las opresiones, el Papa en su homilía . L'accoglienza cristiana

Papa Francisco: quem se aproxima da Igreja deve encontrar portas abertas e não fiscais da fé

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Na missa desta manhã na Capela da Casa de Santa Marta o Papa Francisco reflectiu na sua homilia, através do Evangelho do dia, sobre a abertura e disponibilidade que devemos ter enquanto crentes, em particular os sacerdotes, enquanto facilitadores da fé. No Evangelho Cristo chama a atenção dos discípulos para o facto de estes estarem a afastar as crianças que as pessoas levavam para o Senhor as abençoar. Jesus tocava em todos, a todos recebia e abraçava. E o Santo Padre até contou uma pequena história:

“Recordo que uma vez, saindo da cidade de Salta, no dia da Festa do Padroeiro, estava uma senhora que pedia a um padre uma bênção. Este disse-lhe que ela já tinha estado na missa e, então, explicou-lhe toda a teologia da bênção existente na missa. Ela respondeu: Ah muito obrigado. O padre foi-se embora e ela dirigiu-se logo a outro padre para lhe pedir uma bênção, pois, ela tinha outra necessidade a de ser tocada pelo Senhor. Esta é a fé que encontramos sempre e esta fé é suscitada pelo Espírito Santo. Nós devemos facilitá-la, fazê-la crescer, ajudá-la a crescer.”

O Papa citou depois o episódio do cego de Jericó que gritava por Jesus. E as pessoas não queriam que ele gritasse pois ia contra o as normas, as regras, enfim o protocolo. E recordou que quantas vezes quando numa paróquia as pessoas são acolhidas friamente , mesmo por leigos, em muitos casos quase tecnicamente, sem que suscite a quem acolhe uma reacção de alegria perante um irmão na fé que ali se apresenta para celebrar um baptismo, um matrimónio ou fazer uma inscrição na catequese. Apropriamo-nos um pouco do Senhor e os outros que sigam as nossas regras… O Santo Padre a terminar deu um outros exemplo:

“ Pensai numa mãe-solteira que vai à Igreja, à paróquia e diz ao secretário: Quero baptizar o meu menino. E quem a acolhe diz-lhe: Não tu não podes porque não estás casada. Atentemos que esta rapariga que teve a coragem de continuar com uma gravidez o que é que encontra? Uma porta fechada. Isto não é zelo! Afasta as pessoas do Senhor! Não abre as portas! E assim quando nós seguimos este caminho e esta atitude, não estamos o bem às pessoas, ao Povo de Deus. Jesus instituiu 7 sacramentos e nós com esta atitude instituímos o oitavo: o sacramento da alfândega pastoral.”


Pope: Open the door to faith



(Vatican Radio) Those who approach the Church should find the doors open and not find people who want to control the faith. This is what the Pope said this morning during Mass in the Casa Santa Marta.

The day's Gospel tells us that Jesus rebukes the disciples who seek to remove children that people bring to the Lord to bless. "Jesus embraces them, kisses them, touches them, all of them. It tires Jesus and his disciples "want it to stop”. Jesus is indignant: "Jesus got angry, sometimes." And he says: "Let them come to me, do not hinder them. For the Kingdom of God belongs to such as these." "The faith of the People of God – observes the Pope - is a simple faith, a faith that is perhaps without much theology, but it has an inward theology that is not wrong, because the Spirit is behind it." The Pope mentions Vatican I and Vatican II, where it is said that "the holy people of God ... cannot err in matters of belief" (Lumen Gentium). And to explain this theological formulation he adds: "If you want to know who Mary is go to the theologian and he will tell you exactly who Mary is. But if you want to know how to love Mary go to the People of God who teach it better. " The people of God - continued the Pope - "are always asking for something closer to Jesus, they are sometimes a bit 'insistent in this. But it is the insistence of those who believe ":

"I remember once, coming out of the city of Salta, on the patronal feast, there was a humble lady who asked for a priest's blessing. The priest said, 'All right, but you were at the Mass' and explained the whole theology of blessing in the church. You did well: 'Ah, thank you father, yes father,' said the woman. When the priest had gone, the woman turned to another priest: 'Give me your blessing!'. All these words did not register with her, because she had another necessity: the need to be touched by the Lord. That is the faith that we always look for , this is the faith that brings the Holy Spirit. We must facilitate it, make it grow, help it grow. "

The Pope also mentioned the story of the blind man of Jericho, who was rebuked by the disciples because he cried to the Lord, "Jesus, Son of David, have mercy on me!"

"The Gospel says that they didn’t want him to shout, they wanted him not to shout but he wanted to shout more, why? Because he had faith in Jesus! The Holy Spirit had put faith in his heart. And they said, 'No, you cannot do this! You don’t shout to the Lord. Protocol does not allow it. And 'the second Person of the Trinity! Look what you do... 'as if they were saying that, right? ".

And think about the attitude of many Christians:

"Think of the good Christians, with good will, we think about the parish secretary, a secretary of the parish ... 'Good evening, good morning, the two of us - boyfriend and girlfriend - we want to get married'. And instead of saying, 'That's great!'. They say, 'Oh, well, have a seat. If you want the Mass, it costs a lot ... '. This, instead of receiving a good welcome- It is a good thing to get married! '- But instead they get this response:' Do you have the certificate of baptism, all right ... '. And they find a closed door. When this Christian and that Christian has the ability to open a door, thanking God for this fact of a new marriage ... We are many times controllers of faith, instead of becoming facilitators of the faith of the people. "

And 'there is always a temptation - said the Pope - "try and take possession of the Lord." And he tells another story:

"Think about a single mother who goes to church, in the parish and to the secretary she says: 'I want my child baptized'. And then this Christian, this Christian says: 'No, you cannot because you're not married!'. But look, this girl who had the courage to carry her pregnancy and not to return her son to the sender, what is it? A closed door! This is not zeal! It is far from the Lord! It does not open doors! And so when we are on this street, have this attitude, we do not do good to people, the people, the People of God, but Jesus instituted the seven sacraments with this attitude and we are establishing the eighth: the sacrament of pastoral customs! ".

"Jesus is indignant when he sees these things" - said the Pope - because those who suffer are "his faithful people, the people that he loves so much"

"We think today of Jesus, who always wants us all to be closer to Him, we think of the Holy People of God, a simple people, who want to get closer to Jesus and we think of so many Christians of goodwill who are wrong and that instead of opening a door they close the door of goodwill ... So we ask the Lord that all those who come to the Church find the doors open, find the doors open, open to meet this love of Jesus. We ask this grace. " Listen to Lydia O'Kane report RealAudioMP3




Text from page http://en.radiovaticana.va/news/2013/05/25/pope:_open_the_door_to_faith/en1-695466
of the Vatican Radio website

Don Pino Puglisi béatifié à Palerme, 20 ans après son assassinat par la mafia



L’évènement est d’importance pour l’Eglise sicilienne. Samedi 25 mai 2013, le père Giuseppe « Pino » Puglisi, assassiné par la mafia en 1993, sera béatifié au cours d’une messe présidée par le cardinal Salvatore de Giorgi, au stade Barbera de Palerme. Plus de 100 000 personnes sont attendues, parmi elles, 100 évêques, 700 prêtres et diacres, et 200 personnalités officielles.

20 ans après sa mort, le corps de Don Pino, transféré pour l'occasion du cimetière de Sant’Orsola, à la cathédrale de Palerme, a été découver ...»

Papst an Bischöfe: „Werdet keine Funktionäre!“

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RealAudioMP3 Bischöfe sind nicht Ausdruck einer Struktur. Sie dürfen keine Funktionäre werden. Orientierung für Bischöfe müsse das Wohl des Volkes Gottes sein: Drei Aussagen Papst Franziskus’ aus einer Meditation, die er an diesem Donnerstagabend anlässlich der Versammlung der italienischen Bischofskonferenz in der Petersbasilika hielt. Bischöfe als von Christus eingesetzte Hirten müssten den weltlichen Versuchungen widerstehen, so der Papst. Dazu brauche es Wachsamkeit.

„Die fehlende Wachsamkeit lässt, wie wir wissen, den Hirten lau werden; sie lässt ihn abgelenkt sein, vergesslich und sogar unduldsam werden; sie verführt ihn mit der Aussicht auf Karriere, sie schmeichelt dem Geld und den Kompromissen mit dem Geist der Welt; sie macht faul, lässt den Hirten zum Funktionär werden, zu einem Geistlichen, der mit sich selbst beschäftigt ist, mit der Organisation und den Strukturen, anstatt mit dem wahren Wohl des Volkes Gottes. Er läuft so Gefahr, wie der Apostel Petrus den Herrn zu verleugnen, auch wenn er formal in seinem Namen handelt und spricht; er verdunkelt die Heiligkeit der hierarchischen Mutter Kirche, macht sie weniger fruchtbar.“

Auf den Text des Evangeliums anspielend, in dem Jesus Petrus drei mal fragt, ob er ihn liebe, sagte der Papst, dass diese Lauheit und dieses Funktionärssein wie eine neue Verleugnung Jesu sei, auch wenn man in seinem Namen auftrete und handle. Der Kern des Amtes dagegen sei Hingabe an Jesu Auftrag und an die Gemeinde. Das sei der „Lackmustest“ für den Hirtendienst, so der Papst. Bischöfe seien nicht „Ausdruck einer Struktur oder einer organisatorischen Notwendigkeit“. Das zeige sich auch in der Ausübung der Autorität, die Brüderlich geschehen müsse.

„Hirte sein bedeutet aber auch,(…) fähig zu sein, die stille Geschichte dessen zu hören, der leidet und die Schritte derer zu stützen, die sich fürchten, sie zu machen; bereit, auf zurichten, zu ermutigen und neu Hoffnung zu schenken. Aus dem Teilen mit den Armen geht unser Glauben immer gestärkt hervor: Lassen wir also jede Form von Vermessenheit beiseite und knien wir vor denen nieder, die der Herr unserem Dienst anvertraut hat.“
In seiner Antwort auf die Grußworte des Vorsitzenden der Konferenz, Kardinal Angelo Bagnasco, wies Franziskus auf die Aufgaben der Bischöfe im Dialog mit den verschiedenen Institutionen aus Kultur, Politik und sozialem Leben hin. Er nannte ebenfalls die Aufgabe, die Zahl der Bistümer des Landes zu reduzieren, wofür die Bischofskonferenz eine Kommission eingerichtet habe. „Geht in Brüderlichkeit voran“, ermutigte er die Versammelten.

(rv 24.05.2013 ord)



Dieser Text stammt von der Webseite http://de.radiovaticana.va/news/2013/05/24/papst_an_bischöfe:_„werdet_keine_funktionäre!“/ted-695095
des Internetauftritts von Radio Vatikan

Soportar con paciencia las dificultades y vencer con amor las opresiones, el Papa en su homilía



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(RV).- (Con audio) RealAudioMP3 “Soportar con paciencia y vencer con amor las opresiones externas e internas”: fue la oración que el Papa Francisco elevó esta mañana durante la Misa celebrada en la capilla de la Casa de Santa Marta en la memoria litúrgica de María Auxiliadora. En su homilía, Francisco pidió dos gracias, a saber: “Soportar con paciencia y vencer con amor”. Se trata de “gracias propias de un cristiano” – dijo –. Y observó que “soportar con paciencia ¡no es fácil!”. “No es fácil – dijo – cuando se presentan las dificultades desde afuera, o cuando llegan los problemas el corazón, al alma, los problemas internos”. Y explicó que soportar no es “llevar encima una dificultad”:

Soportar es tomar la dificultad y llevarla arriba, con fuerza, para que la dificultad no nos abaje. Llevarla arriba con fuerza: esta es una virtud cristiana. San Pablo habla de esto varias veces. Soportar. Esto significa no dejarse vencer por la dificultad. Esto significa que el cristiano tiene la fuerza de no bajar los brazos, sostenerlas.... Llevarlas, pero arriba: soportar. Y no es fácil, porque el desánimo viene, y uno tiene ganas de bajar los brazos y decir: ‘Pero, adelante, hagamos lo que podamos, pero nada más’, un poco así…’. Pero no, soportar es una gracia. Debemos pedirla, en las dificultades”.
La otra gracia que pidió el Santo Padre fue “vencer con amor”:

Se puede vencer por tantos caminos, pero la gracia que pedimos hoy es la gracia de la victoria con el amor, por medio del amor. Y esto no es fácil. Cando tenemos enemigos afuera que nos hacen sufrir tanto: no es fácil, vencer con el amor. Nos vienen ganas de vengarnos, de hacer algo contra él… El amor: esa mansedumbre que Jesús nos ha enseñado. ¡Y esa es la victoria! El apóstol, Juan nos dice, en la primera Carta: ‘Ésta es nuestra victoria: nuestra fe’. Nuestra fe es precisamente creer en Jesús que nos ha enseñado el amor y nos ha enseñado a amar a todos. Y la prueba de que nosotros estamos en el amor es cuando rezamos por nuestros enemigos”.
Rezar por los enemigos, por los que nos hacen sufrir – prosiguió diciendo el Obispo de Roma – “no es fácil”. Pero somos “cristianos vencidos” si no perdonamos a los enemigos y si no rezamos por ellos. Y exclamó: “¡Cuántos cristianos tristes y desanimados encontramos”! porque “no han tenido esta gracia de soportar con paciencia y vencer con amor”:
“Por esto pedimos a la Virgen que nos dé esta gracia de soportar con paciencia y vencer con amor. ¡Cuántas personas – tantos ancianos y ancianas – han hecho este camino! Y es bello mirarlos: tienen esa mirada bella, esa felicidad serena. No hablan tanto, pero tienen un corazón paciente y lleno de amor. Saben qué cosa es el perdón a los enemigos, saben qué cosa es rezar por los enemigos. Tantos cristianos son así”.
En esta Misa participaron los empleados del Consejo pontificio de las Comunicaciones Sociales guiados por el presidente del dicasterio, Mons. Claudio Maria Celli. Y precisamente en el día en que se celebra (celebraba) la Jornada de oración por la Iglesia en China, también participaron en esta celebración Eucarística Mons. Savio Hon Tai-Fai, secretario de la Congregación para la Evangelización de los pueblos, y un grupo de sacerdotes, religiosas, seminaristas y laicos chinos.

Al término de la oración de los fieles, el Papa Francisco rezó con estas palabras: “Por el noble pueblo chino, para que el Señor lo bendiga y la Virgen lo custodie”. La Misa concluyó con un canto a la Virgen en lengua china.

(María Fernanda Bernasconi – RV).


Papa Francisco: "Non dobbiamo istituire l'ottavo sacramento, quello della dogana pastorale!".


L'accoglienza cristiana


I cristiani che chiedono non devono mai trovare porte chiuse. Le chiese non sono uffici dove presentare documenti e carte quando si chiede di entrare nella grazia di Dio. "Non dobbiamo istituire l'ottavo sacramento, quello della dogana pastorale!". È l'accoglienza cristiana il tema della riflessione di Papa Francesco nell'omelia della messa concelebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae questa mattina, sabato 25 maggio, tra gli altri con il cardinale Agostino Cacciavillan. Commentando il vangelo di Marco (10, 13-16) il Pontefice ha ricordato il rimprovero rivolto da Gesù ai discepoli che volevano allontanare da lui i bambini che la gente portava per chiedere una carezza. I discepoli proponevano "una benedizione generale e poi tutti fuori", ma che dice il Vangelo? Che Gesù si indignò - ha risposto il Papa - dicendo "lasciate che vengano a me, non glielo impedite. A chi è come loro infatti appartiene il Regno di Dio".
La fede del popolo di Dio è una fede semplice. Ad esempio, forse non sa spiegare bene chi sia la Vergine, ma "per questo - ha detto il Santo Padre - bisogna andare dal teologo: ti spiegherà bene chi è Maria". Ma, ha subito aggiunto, "se tu vuoi sapere come si ama Maria, vai dal popolo di Dio che te lo insegnerà meglio e bene". È un popolo "che sempre si avvicina per chiedere qualcosa di Gesù" e alcune volte anche con un po' di insistenza. Come ha subito dopo raccontato: "Ricordo una volta durante la festa patronale nella città di Salta; una signora umile chiedeva a un prete una benedizione. Il sacerdote le ha detto: Ma signora lei è stata alla messa! E poi le ha spiegato tutta la teologia della benedizione nella messa. Ah, grazie padre, sì padre, ha risposto la signora. Ma quando il prete se n'è andato la signora si è rivolta a un altro prete: Mi dia la benedizione. Tutte quelle parole non erano entrate in lei perché aveva un'altra necessità, la necessità di essere toccata dal Signore. Questa è la fede che cerchiamo e che dobbiamo trovare sempre perché la suscita lo Spirito Santo. Noi dobbiamo facilitarla, farla crescere, aiutarla a crescere".
Il Papa è quindi tornato a spiegare l'atteggiamento di Gesù che rimprovera gli apostoli i quali impediscono alla gente di avvicinarsi a lui. Non lo facevano per cattiveria: volevano solo aiutarlo. La stessa cosa avevano fatto anche quelli che a Gerico tentarono di far tacere il cieco che, avvertito della presenza di Gesù, gridava per attirare la sua attenzione e farsi salvare. Era come se avessero detto, ha spiegato il Papa: "Il protocollo non lo permette: costui è la seconda persona della Trinità, cosa fai? Questo mi fa pensare a tanti cristiani…".
Per spiegare meglio il concetto il Pontefice ha fatto alcuni esempi. In particolare quello che capita quando due fidanzati che vogliono sposarsi si presentano nella segreteria di una parrocchia e, invece di sostegno o di felicitazioni, sentono elencare i costi della cerimonia o si sentono chiedere se i loro documenti sono tutti a posto. Così a volte, ha ricordato il Papa, essi "trovano la porta chiusa". In questo modo chi avrebbe la possibilità "di aprire la porta ringraziando Dio per questo nuovo matrimonio" non lo fa, anzi, la chiude. Tante volte "siamo controllori della fede invece di diventare facilitatori della fede della gente". Ed è qualcosa, ha aggiunto il Santo Padre, che "è cominciato al tempo di Gesù, con gli apostoli".
Si tratta di " una tentazione che noi abbiamo; quella di impadronirci, di appropriarci del Signore". E ancora una volta il Papa è ricorso a un esempio: il caso di una ragazza madre che va in chiesa, in parrocchia, chiede di battezzare il bambino e si sente rispondere "da un cristiano o da una cristiana": no, "non puoi, tu non sei sposata". E ha continuato: "Guardate questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza" e di non abortire: "Cosa trova? Una porta chiusa. E così capita a tante. Questo non è un buon zelo pastorale. Questo allontana dal Signore, non apre le porte. E così quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi non facciamo bene alla gente, al popolo di Dio. Ma Gesù ha istituito sette sacramenti e noi con questo atteggiamento ne istituiamo l'ottavo, il sacramento della dogana pastorale".
"Gesù si indigna quando vede queste cose, perché chi soffre per questo? Il suo popolo fedele, la gente che lui ama tanto". Gesù, ha spiegato Papa Francesco concludendo l'omelia, vuole che tutti si avvicinino a lui.
"Pensiamo al santo popolo di Dio, popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù. E pensiamo a tutti i cristiani di buona volontà che sbagliano e invece di aprire una porta la chiudono. E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte per incontrare questo amore di Gesù".


(©L'Osservatore Romano 26 maggio 2013